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martedì 24 novembre 2009

LO STATO CHE SI ARRENDE

di Pietro Nardiello -

Mentre la popolazione campana si mobilita in difesa del riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati, la politica mostra tutto il suo disinteresse al tema, presentando come attivi alcuni patrimoni inutilizzati da dieci anni.
Nel fine settimana appena trascorso cittadini e istituzioni della Regione Campania sono scesi in piazza per rivendicare il buon uso sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Non si è trattata di un’azione coordinata ma, semplicemente, di un sentire comune e di una convinzione di tante persone che credono che la lotta alla camorra ed il riscatto dei propri territori possa e debba avvenire anche in questo modo. A Quarto, il sindaco Sauro Secone insieme a tanti giovani, alle scuole e alle parrocchie ha chiesto la realizzazione di una piscina nella struttura che un tempo i Nuvoletta di Marano utilizzavano per produrre cemento; a Ercolano i ragazzi di Radio Siani, collocata all’interno di un appartamento del clan Birra, insieme con il sindaco Daniele, hanno voluto sensibilizzare le persone ad un impegno maggiore contro la camorra ma anche a far conoscere la propria precarietà visto che la radio rischia la chiusura per mancanza di fondi già promessi dalla Regione.

A Castel Volturno, infine, dove nascerà la prima cooperativa in Campania con il marchio “Libera Terra” e che produrrà mozzarella, i futuri operatori lamentano l’assenza proprio delle istituzioni comunali che non sbloccano un finanziamento di cinquantamila euro per avviare ulteriori lavori di ristrutturazione della fattoria che appartenne al re del contrabbando Michele Zaza e per la quale, inutilmente, sono già stati spesi un bel po’ di soldi. I cittadini, insomma, credono in questo percorso virtuoso mentre una fetta delle istituzioni per incapacità, paura o collusioni sembrano impedire l’avvio di questo processo. L’oramai noto emendamento inserito nella finanziaria, e approvato al Senato, che prevede la vendita all’asta dei beni che non si riescono ad affidare entro tre o sei mesi, non potrebbe fare altro che aiutare la cattiva politica e le mafie che, disponendo di una quantità di denaro enorme, potrebbero rientrare, grazie a dei prestanome, in possesso di quello che lo Stato con grande fatica ed impegno gli ha sottratto.

La sconfitta sociale che questo Paese dovrebbe incassare sarebbe di dimensioni enormi, visto che il tempo che in media di solito passa per l’assegnazione di un bene supera di gran lunga i tre anni. E poi nessun privato oserebbe mai ricomprare una casa o un’azienda che un tempo era di proprietà di un boss proprio come nel caso dell’azienda bufalina di Grazzanise, nel casertano, che fu di Francesco Schiavone e sulla quale grava un’ipoteca, che il comune inspiegabilmente non vuole assegnare, nonostante sia in condizioni ottimali per riprendere l’attività produttiva. L’elevato rischio che i clan ritornino in possesso dei beni non rappresenta, comunque, un inutile allarmismo, in Campania, infatti, si sono registrati già due importanti casi di un’associazione ed un consorzio, l’Acli Terra ed il Consorzio Agape, risultate vicine o contigue ai clan camorristici che gestivano beni confiscati. In Italia, gli immobili confiscati sono 8446.

Poco meno della metà risultano destinati ai comuni o allo Stato per motivi di giustizia. Il resto, invece, è ancora gestito dall’agenzia del demanio. Le aziende, invece, sono poco più di un migliaio, ma nonostante siano state destinate più di 900, solo alcune realtà risultano essere ritornate sul mercato. Questo governo mostra un’assoluta assenza di conoscenza delle realtà teritoriali. Sul sito ufficiale, infatti, proprio dove si parla del progetto sostenuto dal ministro Maria Stella Gelmini, “Più scuola meno mafia”, alcuni beni confiscati assegnati a un consorzio di comuni della provincia di Caserta, Agrorinasce, risultano già attivi; in realtà tranne la casa “Don Diana” di Casal di Principe, gli altri tre beni, la villa Reccia, la villa Basco e la famosa villa “Scarface”, appartenuta quest’ultima a Walter Schiavone fratello di Francesco alias Sandokan risultano ancora inutilizzate da più di dieci anni.

Tratto da: http://www.terranews.it/news/2009/11/lo-stato-che-si-arrende ( T )

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