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martedì 24 novembre 2009

Il premier nervoso minaccia «Parlerò io agli italiani»


«Nulla di meno che quieto - assicura Berlusconi - niente di preoccupante». Governo sotto controllo, quindi? Non proprio. Rientrato a Roma dall’Arabia e dal Qatar il premier dovrà fare i conti con il malessere che monta tra i ministri e con l’iter del «processo breve» che dovrebbe bloccare i suoi processi milanesi. Ad innervosirlo, ieri mattina, l’intervista di Ciampi alla Repubblica e l’invito dell’ex Capo dello Stato: «non si promulghino» nuove leggi ad personam. Una presa di posizione che i consueti sospetti del Cavaliere non possono non collegare ad uno stop indiretto del Colle. Da Doha, in ogni caso, ieri è partito l’avvertimento e l’implicita risposta a Ciampi. Con Berlusconi che si rifiutava di rispondere alle domande sulla giustizia, ma annunciava che «al momento opportuno» avrebbe spiegato agli italiani «qual è la situazione in cui siamo». Un “mi rivolgerò al popolo contro chi si mette di traverso” abbastanza esplicito, in sostanza. Che, pronunciato ieri, gettava nuova luce sulle indiscrezioni già rimbalzate sulla stampa a proposito di messaggi sulla giustizia. L’intenzione del Cavaliere è quella di affrontare i temi della giustizia rivolgendosi al Paese, dall’Aula del Senato o via Tv. Gli esperti Pdl, tra l’altro, lavorano a una manovra articolata. «Stiamo cercando di portare avanti una riforma complessiva - ha spiegato ieri il senatore Quagliariello - Riguarderà, tra l’altro, il processo penale, i metodi di elezione del Csm, i tempi dei processi e proposte di rango costituzionale». L’iter parlamentare del «processo breve», che interessa al premier in relazione ai procedimenti milanesi, quindi, è solo un aspetto del problema. Berlusconi vuole, in realtà, una resa dei conti definitiva con le procure, qualcosa che chiarisca - a modo suo, naturalmente - i rapporti politica-magistratura. Il Cavaliere scommetterà «la faccia» su questo progetto. «O io o Brunetta» Berlusconi, però, rientrato in Italia in serata dal suo tour in Arabia, ha trovato ad attenderlo anche gli strascichi del caso Brunetta. Ieri, da Doha, aveva cercato di retrocedere «l’esternazione» anti-Tremonti del titolare della Pubblica Amministrazione al rango di normale «dialettica» tra ministri che, tuttavia, «sarebbe meglio» mantenere «interna» al governo. Berlusconi, in realtà, è irritatissimo. In visita di Stato lontano dall’Italia, infatti, è stato costretto a fare i conti con le polemiche che avrebbe preferito «lasciare a Roma» e con i fuochi d’artificio provocati dall’intervista del suo ministro. Tremonti avrebbe chiesto anche il dimissionamento di Brunetta. Una sorta di «o io o lui» caricato come ultimatum sulle spalle dell’inquilino di Palazzo Chigi. E la contesa ha portato l’opposizione a sostenere che nella maggioranza siamo «al tutti contro tutti». «La maggioranza è bloccata e non riesce nemmeno ad implodere», commenta il Pd, Enrico Letta. All’opposizione «non rispondo mai» taglia corto il premier. Domenica, attraverso Bonaiuti, aveva difeso Tremonti prendendo, come ieri, le distanze da Brunetta. Nelle stesse ore, però, alcuni ministri hanno ripetuto - nella sostanza - i concetti esposti - a modo suo - dal ministro per la Pubblica Amministrazione, mettendo il dito nella piaga della politica della cinghia stretta imposta da Tremonti. «In Finanziaria chiederò più fondi per la giustizia», prometteva Alfano. Serve «una svolta» - faceva eco Scajola - bisogna «decidere collegialmente».
24 novembre 2009

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