Premessa

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché viene aggiornato quando possibile. Pertanto non può essere considerato un vero editoriale ai sensi della legge numero 62/2001. Ogni contenuto pubblicato,video e immagini,sono reperite dalla rete internet e in quanto tali valutabili di dominio pubblico ; se il loro uso violasse il copyright,diritto d'autore,lo si comunichi al gestore e amministratore del blog che si attiverà per rimuovere il materiale suddetto. L'Amministratore.

Risoluzione problemi

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L'Amministratore.

lunedì 18 gennaio 2010

sabato 16 gennaio 2010

"Lasciate Explorer, non è sicuro" Allarme dell'Autorità tedesca



L'uso del browser più diffuso del mondo "sconsigliabile" a causa di una falla nella sicurezza. Preferibile usare browser alternativi finché il problema non sarà risolto

BERLINO - Un allarme sui pericoli dell'uso di internet Explorer è stato lanciato oggi in Germania. Secondo Spiegel online, l'edizione digitale dell'autorevole settimanale di Amburgo, il Bundesamt fuer Sicherheit in der Informationstechnik, BSI, cioè l'Autorità federale per la sicurezza nella tecnologia dell'informazione, ha avvertito che l'uso del browser più diffuso nel mondo è sconsigliabile, ed è preferibile usare browser alternativi, finché il problema non verrà risolto.

C'è un punto debole in internet explorer, avverte la fonte ufficiale tedesca citata da Spiegel online. Sarebbe una 'fallà nella sua sicurezza che "permette di lanciare attacchi e installare programmi ostili in un computer che funziona con Windows, attraverso un codice manipolato di un sito. Le versioni di internet explorer esposte a rischio sono la 6, la 7 e la 8 sui sistemi Windows XP, Vista e 7.

Al momento, continua il reportage di Spiegel online sempre citando l'autorità federale per la sicurezza IT, non è disponibile un'attualizzazione del software. "L'autorità federale prevede che il punto debole, la falla di explorer verrà utilizzata a breve per attacchi su internet", e consiglia quindi l'uso al momento di altri browser. Consiglia sistemi che chiama per nome, come Firefox, Opera, Chrome o Safari. L'uso di internet explorer in modo protetto può rendere gli assalti più difficili, ma non impedirli, nota il monito ufficiale.

L'avvertimento del Bsi è posto in relazione con gli attacchi di hacker condotti negli ultimi giorni contro i sistemi informatici di alcune aziende americane. E probabilmente il pericolo è quello di attacchi mirati contro alcune imprese, non contro l'uso privato di internet explorer. Ma presto la realtà potrebbe cambiare e il pericolo riguarderebbe molti più utenti. Non è la prima volta che internet explorer è oggetto di tentativi di attacco del genere: essendo il browser più diffuso nel mondo è bersaglio privilegiato della 'cybercriminalità'. Microsoft stessa consiglia di usare explorer, almeno per il monento solo in protected mode e con i massimi livelli di sicurezza.

Fonte:
http://www.repubblica.it/tecnologia/2010/01/15/news/allarme_explorer_germania-1965010/

venerdì 15 gennaio 2010

Facciamo chiudere i gruppi su facebook atti ad offendere gli Haitiani colpiti dal sisma!

Ecco a voi tutti i gruppi atti ad offendere gli abitanti dei Haiti, se siete iscritti al social network noto come Facebook vi chiediamo un minuto della vostra vita per segnalare questi gruppi all'autorità di Facebook affinché possa rimuovere questi gruppi dalla proprietà intellettuale inesistente.

Ecco i links:

http://www.facebook.com/group.php?gid=249901374386&ref=mf

http://www.facebook.com/group.php?gid=263157292360&ref=mf

http://www.facebook.com/group.php?gid=56219812027&ref=mf

http://www.facebook.com/group.php?gid=430380820642&ref=mf

A questo link trovate un'articolo che vale la pena leggere:
http://www.facebook.com/note.php?note_id=278451332081&id=134341586378&ref=mf

L'ipocrisia dei popoli occidentali e "democratici",che si ricordano del terzo mondo solo durante le catastrofi...

Il terribile sisma che ha gravemente colpito lo stato Haitiano e in particolar modo Port Au Prince , la capitale, e che ha fatto circa centomila morti,cifra purtroppo destinata a salire nei prossimi giorni, ci ha scosso tutti e ci ha fatto tornare indietro nemmeno di molti mesi e ci ha fatto sicuramente ricordare il terremoto in Abruzzo.
E ovviamente il mondo occidentale e la sua società civile è rimasta gravemente scossa da questo infausto evento, la cosa che sicuramente la maggior parte di noi ha subito pensato è il perchè un paese già cosi povero e martoriato dalla fame e dalla violenza debba subire questa ingiusta catastrofe naturale; molti altri si saranno sicuramente chiesti se in tutti questo esiste un Dio o qualche entità superiore...
Ma non è di questo che vorrei parlarvi.
In questa breve nota vorrei semplicemente dirvi il mio personale sdegno nei confronti della nostra civiltà occidentale,in particolare quella italiana, che si ricorda del resto del mondo che soffre e lotta per la sopravvivenza con meno di 1$ al giorno soltanto in casi come questi.
Rivolgo soprattutto queste parole ai media italiani e all'informazione nel suo insieme, che in quest'epoca preferiscono mettere in prima pagina "tette e culi" perchè fanno vendere di più o perché aumentano lo share televisivo, insomma, per dirla tutta in una parola io lo chiamo "business della notizia".
E' vergognoso che le civiltà occidentali che , almeno in teoria, dovrebbero essere avanzate non solo dal punto di vista tecnologico ma anche spirituale (con spirituale non intendo religioso dato che a mio avviso la religiosità non ha nulla a che vedere con le religioni) si ricordino delle popolazioni sofferenti solo in casi come quello Haitiano, mi duole il cuore ad accendere la TV e vedere tizi come Sgarbi o altri,cito Sgarbi per esempio, che vengono pagati per "sputtanare" chiunque la pensi diversamente in un qualsiasi dibattito televisivo.
I media ,a partire dalla RAI che noi contribuenti paghiamo, dovrebbe evitare di mandare in onda ridicoli e vergognosi siparietti quali i reality show e talent show che letteralmente rincoglioniscono la gente e la distraggono dai veri problemi del paese, a mio avviso sarebbe preferibile un'informazione vera e seria che non abbia paura di raccontare scomode verità e urtare la sensibilità della popolazione mandando in onda seri approfondimenti culturali e storici ; che vadano a portare la coscienza e la conoscenza nelle case degli italiani e iniziare a smuovere le coscienza assopite della popolazione che attualmente pensa ai saldi di stagione e a come preparasi fin da ora alla famigerata prova costume per l'estate 2010 andando in palestra o in centri benessere per buttare giù i chili di troppo presi durante le festività.
Questa cari amici miei è l'ipocrisia occidentale e italiana.
In questi tempi difficili per l'umanità dobbiamo,in modo semplice ed umile, cercare di cambiare il mondo e cosa ancora più importante dobbiamo farlo tutti insieme con grande spirito di cooperazione e amicizia tra i popoli, altrimenti Mahatma Gandhi,Martin Luther King,Malcom X, Gesù Cristo e tanti altri cosa sono morti a fare?
Tutto questo deve partire da noi semplici cittadini che con gli strumenti della politica e dell'informazione potremo portare avanti i nostri ideali per un mondo più giusto per tutti e per porre fine all'ingiustizia sociale che governa questo mondo , per un mondo di energie rinnovabili e gratuite, per un mondo in cui l'ipocrisia del mondo occidentale (che spreca l'80% delle risorse del pianeta e che tramite i suoi servizi segreti fa scoppiare guerre civili tra i popoli per prendere il controllo delle risorse del luogo e poi si ricorda del terzo mondo quando gli conviene) abbia fine.
Un carissimo saluto a tutti voi.


Di Federico Sciovolone.

mercoledì 13 gennaio 2010

Appello per la pagina "Berlusconi chi è?"


L'amministrazione di Facebook ha appena bloccato la pagina "Berlusconi chi è?" perché a loro avviso sono state violate le condizioni d'uso del social network.
Chi segue la pagina sa che si tratta di una pagina d'informazione, in cui non è presente materiale offensivo e tutte le notizie pubblicate provengono dalla rete.
Abbiamo provveduto a inviare un'email e restiamo in attesa di una risposta, in ogni caso sino a quando la pagina non verrà ripristinata, sarà impossibile pubblicare note, video, foto, ecc.
Chiediamo gentilmete di aiutarci inviando questa breve email all'indirizzo warning@facebook.com dall'indirizzo di posta elettronica con cui siete iscritti su Facebook:

Dear Facebook team, I am a Facebook user and I kindly ask you to re-open the page "Berlusconi chi è?", which has the following URL: http://www.facebook.com/pages/BERLUSCONI-chi-e/76372150336 It is a critic page and has not violated any terms of use. I kindly ask to reactivate this page. Thanks and best regards
FIRMA xxxxx

Grazie da tutto lo staff di "Berlusconi chi è?"

PRECISAZIONE: La pagina è visibile, non è stata oscurata, ma Facebook l'ha bloccata e gli amministratori non possono pubblicare nuovo materiale. E' successo anche a Informazione Libera qualche mese fa. Esprimiamo piena solidarietà a tutto lo staff della pagina e ci auguriamo che la situazione ritorni alla normalità il prima possibile.

martedì 12 gennaio 2010

Letta (Pd): “Taglio tasse Berlusconi? Solo slogan, costerebbe 20-30 miliardi”

Letta (Pd): “Taglio tasse Berlusconi? Solo slogan, costerebbe 20-30 miliardi”

«È Il solito annuncio elettorale», commenta in un'intervista su la Repubblica il vice segretario del Pd secondo il quale la riduzione del prelievo fiscale a due aliquote del 23 e del 33% è «una cosetta, a grandi spanne, da 20-30 miliardi di spesa»

Il Pd non crede alla proposta del premier Silvio Berlusconi di ridurre le tasse nel 2010. «È Il solito annuncio elettorale», commenta in un’intervista su la Repubblica il vice segretario del Pd, Enrico Letta, secondo il quale il taglio delle tasse è «una cosetta, a grandi spanne, da 20-30 miliardi di spesa».

A Letta il premier sembra il dottor Stranamore: «Berlusconi che annuncia un’altra volta “taglierò le tasse” mi ricorda tanto Peter Sellers. Noto la cautela del Tesoro che già rinvia tutto all’anno prossimo. Il che, a maggior ragione, mi puzza di campagna elettorale».

Secondo Letta, si tratta di uno «slogan elettorale» in vista delle elezioni regionali dal momento che Berlusconi «ha avuto 8 anni di tempo per realizzare le promesse e non s’é visto nulla». Diversamente da quanto accade in Francia, «dove il governo ha messo al centro la crisi», secondo il vicesegretario del Pd, «la priorità di Berlusconi rimane la giustizia e sull’economia zero».

La priorità per il Pd, invece, è di «portare dal 23% al 20% l’aliquota per la grande maggioranza dei lavoratori dipendenti».

Quanto alle riforme, il Pd attende le «risposte più urgenti sul Welfare» e si concentra su tre punti chiave: «Riforma degli ammortizzatori sociali, cassa integrazione da estendere anche alle piccole imprese e una no-tax area per dieci anni nel Mezzogiorno».


http://www.blitzquotidiano.it/politica-italiana/letta-pd-taglio-tasse-berlusconi-costa-20-30-miliardi-200000/

Prime prove di inciucio telefonico

- di Marco Lillo -


Perché il Pd non si oppone alle mire di Mediaset sulla rete di Telecom

Prove tecniche di inciucio telefonico. A dare il via alle danze è stata un’intervista di Paolo Gentiloni a Il Riformista. L’otto gennaio scorso, l’ex ministro delle comunicazioni, rispondendo alle domande di Gianmaria Pica, ha dato un imprevisto via libera alla possibile alleanza tra Telecom Italia e Mediaset: "Pier Silvio Berlusconi", spiega Gentiloni, "ha parlato di far crescere Mediaset fino a farla diventare un content provider, una sorta di major italiana che fornisce contenuti televisivi. Per fare questo per Mediaset sarebbe strategico il rapporto con Telecom: è il cuore del business della telecomunicazioni".

Così, allegramente, Gentiloni suona la tromba all’avanzata del Cavaliere sull’unico territorio mediatico che gli è ancora ostile: Internet. In un paese nel quale il presidente del consiglio controlla direttamente le tre reti Mediaset e indirettamente le tre reti Rai, mentre Telecom tiene La7 a bagnomaria e l’unico vero concorrente, Sky, viene frenato con l’Iva e i tetti pubblicitari, il politico più autorevole dell’opposizione, l’uomo che dovrebbe rappresentare la diga allo strapotere del premier-editore, applaude l’ingresso di Berlusconi sulla rete Telecom. Chi dovrebbe curare il conflitto di interessi nella tv, sembra favorire la metastasi su Internet.

Occasioni perse. L’intervista a Gentiloni è l’atto finale del lungo harakiri della sinistra sul fronte Telecom. Per comprendere l’ultimo fotogramma di questo film dell’orrore bisogna tornare all’inizio e provare a porsi qualche quesito del tipo: cosa sarebbe successo se...? Perché, se con i se non si fa la storia, magari si comprende meglio la cronaca. La Telecommedia inizia con la privatizzazione e la successiva opa quando Romano Prodi e Massimo D’Alema pensano di individuare in Umberto Agnelli e Roberto Colaninno due interlocutori industriali che invece si riveleranno finanzieri. Carica dei debiti di Colaninno, nel 2001 la compagnia finisce alla Pirelli. Marco Tronchetti Provera dimostra subito di non voler competere con il sistema berlusconiano.

Anzi. Dopo uno strano affare con il gruppo del premier (l’acquisto di Pagine Utili con il versamento di 55 milioni alla Fininvest) Tronchetti soffoca nella culla La7. Annulla i programmi dei big come Fabio Fazio che poteva minacciare Mediaset e paga senza battere ciglio le star per tenerle in panchina. La7 è un’inezia da sacrificare sull’altare del grande gioco telefonico.

Eppure quell’apertura del mercato che non arriverà dai programmi televisivi dell’era Tronchetti poteva arrivare dalle sue strategie internazionali.

Sognando Madrid. Il momento nel quale l’Italia è stata più vicina ad avere un competitor valido per Mediaset non è stato il 25 giugno del 2001 quando debuttò La7 di Fazio, Lerner e Sabina Guzzanti. Ma il 7 settembre del 2006 quando Tronchetti Provera e Rupert Murdoch si incontrano in barca al largo di Zante.

I legali dei due gruppi avevano preparato una bozza di accordo per l’ingresso di Murdoch nella holding di controllo di Telecom con una quota di poco inferiore a quella di Pirelli. In quei giorni Tronchetti spiegava riservatamente ai suoi collaboratori che l’approdo finale non era Zante ma Madrid.
Il sogno di Tronchetti era quello di unire questa Telecom rinforzata da Murdoch con Telefonica o un altro grande operatore per creare una conglomerata in grado di veicolare i contenuti su Internet e il satellite in tutto il mondo. La ricaduta italiana sarebbe stata la nascita di un concorrente in grado di dare filo da torcere a Mediaset e Rai su più piattaforme. Sulla carta le condizioni dell’estate 2006 erano ottimali. Al governo c’era Romano Prodi all’apice della sua forza.

Il centrosinistra potrebbe benedire l’alleanza italo-australiana e invece si mette di traverso. Un mese prima dell’incontro sul Corriere esce il piano del governo per scindere la rete dalla società telefonica, che sarebbe come sfilare il motore dal cofano della macchina il giorno prima della sua vendita a Murdoch. Il 5 settembre, prima dell’incontro greco, il consigliere di Prodi Angelo Rovati consegna a Tronchetti il piano per scindere la rete e affidarla alla Cassa depositi e prestiti.
Il 19 settembre Piero Fassino alla festa di Rifondazione plaude alla separazione della rete. Il messaggio è chiaro: se Murdoch compra, si scordi la rete. Il magnate australiano lascia poco dopo denunciando l’invadenza della politica italiana. A febbraio Tronchetti ci riprova con Telefonica. Ma riparte la campagna su rete e italianità con i politici di sinistra che minacciano di mettere sotto scacco l’acquirente straniero mediante la regolazione e i controlli.
Anche gli spagnoli mollano, salvo rientrare dalla finestra insieme a Benetton e alle banche quando Tronchetti vende.

Evoluzioni. E’ interessante riguardare le posizioni di allora alla luce dello scenario che si sta delineando oggi. La sinistra al governo, per limitare il potere dell’invasore Murdoch, predicava la separazione della rete e la sua annessione alla Cassa depositi e prestiti dello Stato. Tra quelli che sostenevano la separazione allora c’era anche un certo Franco Bernabé.
Oggi il numero uno di Telecom si oppone allo scorporo (come fa tutta la sinistra) mentre allora, nella posizione di consulente della banca Rothschild da dove lavorava insieme a Rovati al piano di scorporo. Al di là delle giravolte dovute ai cambiamenti di ruolo, però, resta la miopia strategica. Per sostenere il falso mito dell’italianità (quando era al governo e avrebbe voluto mettere la rete sotto il suo controllo) la sinistra ha perso una grande occasione.
L’ingresso di Murdoch e Telefonica nella Telecom di Tronchetti avrebbe salvaguardato l’italianità e avrebbe aperto il mercato tv. Sono passati tre anni. La prima azienda di telecomunicazioni italiana ha galleggiato tagliando i costi e gli investimenti.

L’unico prodotto di rilievo, il CuboVision, è per ora poco più di uno spot. Ora pare che Telefonica torni a farsi sotto. Solo che stavolta gli spagnoli vogliono la maggioranza e, per ottenerla, sono disposti a trattare con Mediaset sulla rete e i contenuti. La chiamano italianità.

Da Il Fatto Quotidiano del 10 gennaio




http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2416164&title=2416164
di Antigone Brambilla -

Venerdì 15 gennaio, presso la terza sezione della Corte d'Appello di Torino, si decideranno le sorti del diritto di satira via web. Sul banco degli imputati il blog "www.ilbolscevicostanco.com", ideato nel 2005 dal giornalista valdostano Roberto Mancini e chiuso alla fine del 2006, dopo aver subìto una condanna per diffamazione decisa dal tribunale di Aosta.
La sentenza ha suscitato forti critiche da parte di tutto il mondo dell'informazione, di "Reporters Sans Frontieres", oltreché del ministro Paolo Gentiloni, all'epoca titolare delle Comunicazioni. Il notissimo Diego Cugia, a nome degli autori Siae, l'ha definita una «grave sentenza che ha sotterrato la libertà di autore».
La sentenza di Aosta, oltre ad essere il primo caso in Europa di condanna di un blogger, presenta aspetti contradditori.

Lo stesso dispositivo di condanna riconosce «il carattere satirico della pubblicazione e il fondo di verità in linea generale ravvisabile in quanto esposto» e parla di «notizie veritiere» postate dal «generale Zhukov», il nickname con cui secondo l'accusa, si firmava Mancini.
Ma secondo il giudice monocratico Eugenio Gramola, che il 26 maggio di quattro anni fa ha condannato Mancini senza accordargli nemmeno le attenuanti generiche malgrado fosse incensurato, «chi gestisce un blog ha le stesse responsabilità di un direttore di giornale».

Un'equiparazione anomala quanto pericolosa tra doveri del blogger e doveri del direttore responsabile, che è costata al giornalista valdostano 13 mila euro tra ammende e risarcimento ai colleghi aostani che lo avevano querelato per diffamazione.

Insomma, per Gramola i blog e i giornali on line sarebbero la stessa cosa. Ma allora perché tutti i blogger italiani non diventano d'ufficio giornalisti professionisti? E perché tutto il resto del mondo, compresi gli Stati Uniti dove nel 2007 è nato il fenomeno, considerano il blog come un diario on line, collettivo o personale, un genere che dunque in nulla attiene ad un giornale?
Il diario del generale Zhukov era un contenitore privilegiato di frammenti di vita quotidiana valdostana, in breve tempo diventato la finestra sul mondo per oltre mille lettori alla settimana, una cifra enorme nella piccola regione (126.000 abitanti).

Quale dunque la sua colpa? Forse la graffiante ironia con cui riusciva a rendere grottesco il personaggio del momento? Ma non è questo che si chiede alla satira?
Il giudice Gramola, nel dispositivo di sentenza, disapprova il tono, il «carattere postribolare del linguaggio».

Ma Riccardo Pifferi, giornalista ed autore teatrale e televisivo, ha scritto in difesa di Mancini su Vivaverdi, mensile Siae:
«sono le parole, le metafore, la discesa nel linguaggio del volgo che costano a Mancini la condanna.
Insomma si condannano gli attrezzi della satira, gli utensili dell'autore».
Il linguaggio di un genere letterario può essere deciso da un giudice penale?

Se la Valle d'Aosta ha condannato un satiro per aver fatto null'altro che buona satira, confidiamo nel fatto che la Corte d'Appello di Torino non incorrerà nella stessa contraddizione.

nuovasocieta.it (R)

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