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sabato 28 novembre 2009

Magistrati toscani smentiscono le affermazioni di "Libero": "Nessun procedimento" Il presidente del Consiglio attacca: "Voci infamanti". Poi si scagl


FIRENZE - I magistrati toscani smentisono le affermazioni di "Libero" secondo il quale il Cavaliere e Dell'Utri sarebbero stati iscritti nel registro degli indagati fin dallo scorso ottobre nell'ambito dell'inchiesta sulle stragi del 1993. Lo ha detto il procuratore capo di Firenze Giuseppe Quattrocchi rispondendo ai giornalisti: "Libero può scrivere quello che vuole. Berlusconi e Dell'Utri non sono indagati".

Il Cavaliere: "Accuse infondate". "Contrariamente alla prudenza usata dagli altri quotidiani che, pur svelando le confidenze dei pentiti sul premier e sul suo braccio destro Dell'Utri, hanno informato che i riscontri sono ancora in corso, questa mattina, il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, è uscito con un titolo senza mezzi termini: "Silvio indagato per mafia". Cosa falsa dice il procuratore di Firenze e da Olbia, dove il premier ha incontrato i giovani del Pdl, Berlusconi attacca: "Sono accuse infondate e infamanti. La maggior parte della magistratura è di sinistra e per questa ragione cerca un pretesto per attaccare il presidente del consiglio". Poi prosegue: "Se trovo chi ha fatto le nove serie de La Piovra e chi scrive libri sulla mafia che ci fanno fare una bella figura, lo strozzo".

Placido: "Ha fatto autogol". "Una battuta, quella di Silvio Berlusconi, che Michele Placido, popolare commissario Cattani proprio nella Piovra, definisce un "autogol": "La piovra è roba di tanti anni fa, mentre le fiction tv più recenti sulla mafia, da Il capo dei capi a quelle su Falcone e Borsellino, le ha fatte suo figlio per Mediaset. Quando Gomorra è stato scritto ed è diventato di successo internazionale, le immagini sullo scandalo immondizia e i problemi della camorra avevano già prima fatto il giro del mondo. Naturalmente si tratta ogni volta di fare informazione seria e responsabile, ma quel che è accaduto sarebbe grave venisse nascosto".

Bossi: "Leadership della coalizione indiscussa". Una voce a favore di Berlusconi viene da Umberto Bossi, presente a Vicenza al quarto meeting della Lega nord estero. Il ministro per le Riforme rassicura che le voci intorno al premier non indeboliscono il presidente del Consiglio: "Berlusconi mantiene la parola - ha detto il fondatore del Carroccio - e la sua leadership è indiscussa. Non siamo preoccupati per la coalizione".
(28 novembre 2009

La Repubblica.it

mercoledì 25 novembre 2009

Miracolo in Abruzzo: manette e mazzette

- di Rita Pani (APOLIDE) -


Non c’è. Domani proverò a comprare un giornale per vedere se alla fine la troverò stampata la notizia mancante. Nelle pagine online continua a campeggiare la riforma del processo berlusconi, per tutti i cittadini, ma la notizia che cercavo io davvero, non c’è.

Oggi a Pescara sono scattate le prime manette per le tangenti sulla ricostruzione post terremoto, la ricostruzione secondo berlusconi, ossia quella che lascia tutto com’è e getta cemento nelle campagne espropriate. I Carabinieri hanno arrestato l'amministratore delegato della Fira Servizi, Claudio D'Alesio, e l'ex assessore regionale al Lavoro (PDL), Italo Mileti.

L'accusa e' millantato credito per illecita intermediazione verso pubblici ufficiali nell'ambito della ricostruzione post terremoto all'Aquila. I due avrebbero agito da mediatori per pilotare, traendone profitto, l'aggiudicazione di un appalto da 15 milioni di euro.

Magari a pagina 30, tra un necrologio e la pubblicità di un prodotto snellente, ci saranno le poche righe che ho riportato come da agenzia, senza una virgola in più o una di meno. Perché a parlare d’Abruzzo, come era prevedibile, siamo rimasti solo noi blogger. Non è poltiglia da rimestare quella aquilana, ed è bene lasciarla così, in modo che ancora l’italiota medio resti convinto della taumaturgica opera del tizio palazzinaro del consiglio, che ha fatto il miracolo in tempi brevissimi.


In effetti sono tante le notizie sparite dalle pagine dei giornali, come per esempio i primi assegnatari delle case periferiche, sfrattati dopo nemmeno un mese e rispediti a vivere nelle loro case lesionate, quelle per cui ancora nessuno ha visto un euro di contributo per il restauro. Le case inagibili fino al giorno prima della neve, che diventano agibili dopo la prima nevicata sul Gran Sasso.

Silenzio anche nei confronti di coloro che stanno sotto una tenda, perché impossibilitati ad allontanarsi dalla loro vita, i bambini costretti a lunghi trasferimenti in pullman per andare a scuola, o altri bambini costretti a fare lezione coperti al punto di apparire gonfi come l’omino della Michelin.

No, l’italiota non deve sapere che il miracolo non era poi così miracoloso, che le macerie stanno ferme da sei mesi, che i centri storici sono morti, che di tutti gli aiuti promessi durante il G8, occasione nella quale i grandi del mondo ricevettero un libro su Canova dal valore stimato di 460 mila dollari ognuno, soltanto la Germania, la Francia e la Russia, insieme al Kazakistan (la patria di Borat, per intenderci) hanno onorato il loro impegno.

In fondo la propaganda funziona. L’altro giorno un’idiota mi ha detto che nemmeno era vero che molta gente è stata infilata nei container quando già iniziava a scendere la neve. Lui ha fatto le case, i container non li ha voluti …

(Ma io ho visto e fotografato ;-) )


http://guevina.blog.espresso.repubblica.it/resistenza/2009/11/miracolo-in-abruzzo-manette-e-mazzette.html
- di Antonio Padellaro -


Berlusconi è abituato a considerare le televisioni come “cosa sua” e dunque non ci sorprende se ne farà l’uso che più gli aggrada parlando agli italiani a reti unificate dagli studi amichevoli del Tg1 o da quelli familiari del Tg5. L’intervento sarebbe previsto a cavallo tra due eventi che parecchio angustiano il premier. La manifestazione dell’“Adesso basta” (5 dicembre) contro l’ultima legge ad personam sul cosiddetto processo breve. E la deposizione del pentito Spatuzza nel processo Dell’Utri, in quel di Palermo.

Sinceramente riteniamo che, questa volta, se confermato, l’uso massiccio dell’informazione unica abbia una qualche giustificazione nella dimensione del danno che Berlusconi teme. Non tanto per l’ennesima legge personale, così palesemente anticostituzionale e così sommamente devastante per il corso della giustizia normale che viene il sospetto sia stata escogitata solo per prendere altro tempo rispetto ai temuti processi milanesi Mills e frode fiscale sui diritti tv. No, è Spatuzza che fa paura perché le dichiarazioni di questo personaggio potrebbero aprire il pozzo senza fondo del mistero Berlusconi. Ovvero, di come tutto è cominciato. Nessuno conosce le risposte del pentito che, naturalmente, dovranno essere sottoposte alla più puntuale e rigorosa verifica da parte dei giudici. Conosciamo però le domande che risalgono a più di quindici anni fa. All’origine di Forza Italia e al consenso che la nascita improvvisa del partito aziendale avrebbe raccolto tra i boss di Cosa Nostra. Alle stragi del ‘93 e all’asse politico-mafioso che si sarebbe saldato per modificare violentemente gli equilibri di potere, in quel tempo sbilanciati verso la sinistra.

Poi ci sono le rivelazioni sulle radici dell’impero berlusconiano, sui primi appoggi, sui primi finanziamenti. Circostanze nelle quali Ciancimino padre svolse un ruolo non secondario, secondo quanto sostiene Ciancimino figlio. Ce n’è abbastanza per capire il nervosismo di Berlusconi e la sua voglia di reagire. Temiamo, nella direzione che più gli è abituale: quella dell’attacco frontale alla magistratura. Alla quale, come sappiamo, l’unto del signore non ha mai riconosciuto il diritto dovere di indagare sui suoi affari, privati e pubblici.

da Il Fatto Quotidiano del 25 novembre 2009


http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&r=174634

Paolo Rumiz: La scandalosa rapina dell’acqua pubblica

- di Paolo Rumiz -

Vignetta di Vauro
Pubblichiamo l'intervento che Paolo Rumiz, giornalista di "Repubblica", ha tenuto alla Facoltà di scienze politiche dell'Università La Sapienza di Roma sul tema “Acqua bene comune: storia, civiltà vita”.

E’ un peccato che non possa parlarvi a voce. Solo a voce avrei potuto comunicarvi l’urgenza, la rabbia e l’indignazione legate al tema primordiale dell’acqua. Sono un professionista della parola scritta, ma so che solo il racconto orale sa trasmettere sentimenti forti. Questo scritto è dunque solo un ripiegamento, dovuto a forza maggiore. E sappiate che gli uomini che avrei dovuto affiancare in quest’incontro sono i responsabili della mia passione per la questione idrica. Dunque perfetti per accendere anche la vostra.

Mi sono occupato di molti temi nel mio mestiere. Guerre etniche e planetarie, crolli di sistemi e di alleanze politiche, esplorazione dei territori e viaggi alle periferie del mondo. All’acqua sono arrivato solo pochi mesi fa, quasi per caso, grazie a una segnalazione di Emilio Molinari. Era successo che era stata approvata una legge che rendeva inevitabile la privatizzazione dei servizi idrici. La svendita di un patrimonio comune, mascherata da rivoluzione efficentista...

Tutto questo era avvenuto nel mese di agosto, alla chetichella, senza proteste da parte dell’opposizione. Il popolo era rimasto tagliato fuori da tutto. Gli interessi attorno all’operazione erano così trasversali che i giornali avevano taciuto, i partiti e i sindacati pure. Mi sembrava inverosimile che una simile enormità potesse passare sotto silenzio. Così ne ho scritto. E la pioggia di lettere attonite che ho ricevuto in risposta hanno confermato l’assunto.

L’Italia non ne sapeva niente. Non entro nello specifico di questa scandalosa ruberia inflitta agli italiani. Altri lo faranno meglio di me. Dico solo che occupandomene, dopo 35 anni di mestiere, ho provato lo stesso brivido della guerra dei Balcani. Come allora, ho avuto la certezza che cadesse un sipario di bugie, e si svelasse la verità nuda di una rapina ai danni del Paese e dei suoi abitanti, l’ultimo assalto a un territorio già sfiancato dalle mafie, dalle tangenti e dalla dilapidazione del bene comune.

Pensiamoci un attimo. I giornali pompano mille emergenze minori per non farci vedere quelle realmente importanti. La tensione etnica aumenta. Ci parlano di clandestini, di rumeni stupratori, di terroristi annidati nelle moschee. Ci infliggono ronde per tenere testa a una criminalità che – stranamente – non include la camorra, la speculazione edilizia o lo strapotere degli ultras. Televisione, telefonini, I-pod costruiscono una cortina fumogena che incoraggia il singolo ad arraffare e impedisce al gruppo di reagire.

E’ così evidente. Noi non dobbiamo sapere che esiste un’altra e più grave emergenza: la distruzione del territorio. Un’ emergenza così grave che la lingua dell’economia non basta più a descriverla. Oggi serve la lingua del Pentateuco, o dell’Apocalisse di Giovanni, perché viviamo un momento biblico: “E verrà il giorno in cui le campagne si desertificheranno e la boscaglia invaderà ogni cosa, i ghiacciai entreranno in agonia e l’aria diverrà veleno. Il tempo in cui la natura sarà offesa nelle sue parti più vulnerabili”. Se i nostri padri ci avessero fatto una simile profezia non li avremmo creduti. Invece succede.

Siamo in guerra. Una guerra contro i territori. In Italia è iniziata la guerra per l’accaparramento delle ultime risorse. Sta già avvenendo: Cementificazione dei parchi naturali, Requisizione delle sorgenti, Privatizzazione dell’acqua pubblica, Discariche e inceneritori negli spazi più incontaminati del Paese, Ritorno al nucleare, Grandi opere imposte con la militarizzazione dei territori e la distruzione di interi habitat. Fiumi già in agonia, disseminati di ulteriori centrali idroelettriche. Impianti eolici che stanno cambiando i connotati all’Appennino.

Tutto conduce su questa strada: la ricorrente invocazione di poteri forti ai danni del parlamento, il fallimento del pubblico e l’invadenza del privato, la sottrazione delle risorse ai Comuni, lo smantellamento della democrazia diretta, la corsa a un federalismo irresponsabile che assomiglia tanto a una licenza di sperpero, la deregulation legislativa, la crisi della scuola e delle università, la visione speculativa e finanziaria dell’economia.

E’ come negli anni Trenta: crisi del capitalismo, opposizione inesistente, criminalità diffusa. Ma con in più (e in peggio) la desertificazione dei territori, lo spopolamento della montagna. Il “Paese profondo” si è talmente indebolito che oggi l’atteggiamento predatorio che abbiamo rivolto prima verso la Libia o l’Etiopia e poi verso l’Est Europa, può essere rivolto verso l’Italia medesima senza il rischio di una rivoluzione. Anche noi diventiamo discarica, miniera, piantagione. E anche da noi i territori deboli sono lasciati completamente soli di fronte ai poteri forti. Come le tribù centro-africane.

Guardate cosa succede con l’eolico. Gli emissari di una multinazionale dell’energia si presentano a un comune di cinquecento-mille abitanti. Offrono centomila euro l’anno per due o tre pale eoliche alte come grattacieli di trenta piani. Il sindaco al verde non ha alternative. Accetta. Per lui quelle pale sono il solo modo per pagare l’illuminazione pubblica e gli impiegati. La Regione e lo Stato non intervengono. In nome dell’emergenza energetica passano sopra a tutto, anche a un bene primario come il paesaggio. Risultato? Oggi la rete eolica italiana non è il risultato di un piano ma del caso. Segna come le pustole del morbillo i territori deboli, incapaci di contrattare.

Con l’acqua la situazione è ancora più limpida. Vi racconto cose che ho visto personalmente. Qualche scena, capace di illuminare il tutto.

Alta Val di Taro. C’è una fabbrica di acque minerali che succhia dalle falde appenniniche in modo così potente che nei momenti di siccità gli abitanti del paese – noto fino a ieri per le sue fonti terapeutiche e oggi semi abbandonato – restano senz’acqua nelle condutture pubbliche. C’è una protesta ma il sindaco tranquillizza tutti in consiglio comunale. “Non abbiate paura – dice – quando mancherà la NOSTRA acqua, la fabbrica pomperà la SUA nei nostri tubi”. L’acqua del paese è data già per persa, requisita dai padroni delle minerali. L’idea che si tratti di un bene pubblico e prioritario non sfiora né il sindaco né la popolazione rassegnata.

Recoaro, provincia di Vicenza. Una pattuglia di “tecnici dell’acqua” (così si presentano), fanno visita a una vecchia che vive sola in una frazione di montagna. Le chiedono di poter fare delle verifiche alle falde. La donna pensa che siano del Comune. Il lavoro dura un mese. I tecnici trivellano, trovano acqua. Poi chiudono il pozzo aperto con dei sigilli. A distanza di mesi si scopre che la fabbrica di acque minerali giù in valle sta facendo un censimento delle fonti potabili in quota, in vista della grande sete prossima ventura della Terra in riscaldamento climatico. I parenti della donna si accorgono del maltolto e sporgono denuncia. Scoprono di essersi mossi appena in tempo per evitare l’usocapione del pozzo. Il sindaco tace. Gli abitanti di Recoaro pure. Ciascuno vende le sue fonti in separata sede.

Castel Juval, in val Venosta. Qui potete fare le vostre verifiche da soli. Vi sedete al ristorante dell’agriturismo di Reinhold Messner e chiedete dell’acqua. Scoprirete di avere due opzioni. L’acqua minerale – la notissima acqua propagandata dall’alpinista sud-tirolese – e l’acqua di fonte. La fonte di Reinhold Messner. Ebbene, anche questa è a pagamento. Metà prezzo rispetto a quella in bottiglia, ma anch’essa a pagamento. E la gente beve, estasiata. Vedere per credere.
Che dire? Come gli abitanti della Somalia o del Mali, siamo disposti a pagare ciò che ci sarebbe dovuto gratuitamente. Abbiamo rinunciato a considerare l’acqua come pubblico bene. La nostra sconfitta, prima che economica, è culturale. La grande vittoria del secolo scorso fu l’acqua nelle case. Oggi abbiamo accettato di tornare indietro. Siamo ridiventati portatori d’acqua. Come gli etiopi, arranchiamo per le strade con carichi inverosimili d’acqua e non riflettiamo che il valore reale della medesima è appena un centesimo del costo della bottiglia. Meno del costo della colla necessaria a fissare l’etichetta. Il dramma non è solo lo scempio delle risorse, ma la nostre insensibilità alla rapina in atto. Abbiamo accettato di farci derubare. Siamo un popolo rassegnato, e i signori delle risorse lo sanno perfettamente.

Il dossier di un’azienda multinazionale finlandese descrive così una regione italiana del centro: “facilità di penetrazione, costi d’insediamento minimi, zero conflittualità sociale”. Soprattutto, “poche obiezioni ecologiche”. Sembra il Congo, invece è Italia.

Grazie di avermi ascoltato.



http://temi.repubblica.it/micromega-online/paolo-rumiz-la-scandalosa-rapina-dellacqua-pubblica/

Il Giornale di Feltri: «Berlusconi sarà indagato per mafia E gli porteranno via il patrimonio»

NEL MIRINO LE DICHIARAZIONI DI SPATUZZA. E SU COSENTINO IL PDL FA QUADRATO: «VA DIFESO»

Il Giornale di Feltri: complotto dei magistrati contro di lui. Gasparri: accuse farneticanti, uso politico dei pentiti

ROMA - «Dalla Sicilia in arrivo un avviso di garanzia a Berlusconi per concorso esterno. Subito dopo gli verrà requisito l'intero patrimonio. Per la legge, infatti, basta il sospetto». L'annuncio lo dà il Giornale, quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi, che nell'edizione di oggi titola a tutta pagina: «Sequestrare il tesoro di Silvio».

LE DICHIARAZIONI DI SPATUZZA - L'anticipazione del quotidiano di Vittorio Feltri è legata alle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, braccio destro dei boss mafiosi Filippo e Giuseppe Graviano, che chiamano in causa il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, grande amico di Berlusconi e già al vertice di Pubblitalia, la società che raccoglie pubblicità per il gruppo Mediaset. Il sospetto del giornale è che i magistrati possano attaccarsi al solo «sospetto» di rapporti tra Dell'Utri e Cosa Nostra per coinvolgere anche il premier con l'accusa di «concorso esterno» in associazione mafiosa. Un passaggio che, è l'analisi, potrebbe poi portare al sequestro dei beni patrimoniali di cui il Cavaliere non fosse eventualmente in grado di spiegare la provenienza e che potrebbero essere dunque attribuiti, nelle accuse, ad attività legate alle organizzazioni criminali. Un impianto, questo, fa notare il quotidiano di Feltri, che non terrebbe conto di ricostruzioni analoghe, sempre con Berlusconi nel mirino, che sarebbero però già state smontate in altri processi. Negli ultimi tempi le accuse di Spatuzza hanno portato a indicare Berlusconi come il referente della mafia ai tempi delle stragi del 1992-'93.

«ACCUSE FARNETICANTI» - Della vicenda ha parlato anche Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato: «Leggiamo troppe cose strane, continua l'uso politico dei pentiti» ha commentato rispondendo a Maurizio Belpietro che su Canale 5 gli chiedeva se sia in arrivo una nuova offensiva giudiziaria contro Berlusconi o altri esponenti del centrodestra. «Vediamo Ingroia che gira i programmi televisivi e le manifestazioni di un partito fondato da un ex magistrato per lanciare strali intollerabili contro il governo - ha aggiunto -. Riteniamo ci sia in atto una offensiva politica di alcuni militanti della sinistra che sono dentro la magistratura e privilegiano la loro appartenenza politica all'esercizio corretto delle loro funzioni». Per Gasparri ci sono alcuni pentiti «come un tale Spatuzza che, probabilmente sollecitati a farlo, fanno accuse farneticanti, dicendo di avere sentito e dedotto qualcosa, quando su alcune vicende storiche e fatti di mafia ci sono state sentenze e accertamenti».

IL CASO COSENTINO - Intanto un altro fronte riguarda il caso del sottosegretario Cosentino, accusato dalla procura di Napoli di concorso esterno in associazione camorristica. Lunedì, nel corso dell'incontro nella sala Buzzati del Corriere per la presentazione del suo libro «Il futuro della libertà», il presidente della Camera, Gianfranco Fini aveva parlato della opportunità di certe candidature: «Quando decidiamo le candidature evitiamo di candidare chi è indagato, anche se dobbiamo considerarlo certamente innocente fino a prova contraria. È un problema di opportunità e di etica pubblica». Ma oggi, dalle colonne di Libero, il vice capotruppo dei senatori pidiellini al Senato, Gaetano Quagliariello, soiega il perchè della necessità di fare quadrato attorno a Cosentino: «Non possiamo mettere il governo nelle mani dei pentiti. Se non reagiamo adesso, rischiamo di essere travolti in futuro: il caso Cosentino può essere l'anticipazione del caso Spatuzza». Oggi in aula sarà votata la sfiducia contro il sottosegretario e Quagliariello invita i suoi a votare compatti a favore dell'esponente di governo perchè, spiega, «questo è un voto preventivo per impedire che il pentitismo sia usato a fini politici».

http://www.corriere.it/politica/09_novembre_25/berlusconi-avviso-garanzia-spatuzza-cosentino_49a376d4-d9a4-11de-a7cd-00144f02aabc.shtml

Uno scudo al Cavaliere per i reati di mafia


di Liana Milella - 25 novembre 2009
Sono rimasti impigliati nel processo breve. Già sanno che non gli potrà servire per le future accuse di mafia.



Ma ci stanno dentro e ormai devono andare avanti. Sono costretti a dirsi, tra di loro, come hanno fatto ieri sera durante la riunione della consulta del Pdl per la giustizia: "Dobbiamo rassegnarci a vedere questa legge bocciata dalla Consulta". Amara constatazione che farà andare su tutte le furie il Cavaliere. Ma tant'è. Troppe, e ormai irrimediabili, le contraddizioni. Cercheranno di metterci mano, ma la partita è difficile. Per questo si concentrano su altro, su quella che definiscono "una strategia complessiva" per salvare Berlusconi non solo dai processi di oggi, ma anche da quelli di domani".

È l'inizio di una battaglia lunga. Che parte con l'immunità parlamentare, che passa attraverso una legge interpretativa per fissare in modo certo le date di un reato e quindi della prescrizione, e finisce con una sortita che per la prima volta, nella sequenza delle 19 leggi ad personam per Berlusconi, previene un'incriminazione e un processo, quello (futuribile) per mafia.

Vogliono mettere mano al reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Quello per cui è sotto processo a Palermo Marcello Dell'Utri. Quello che all'inizio fu contestato a Giulio Andreotti. Quello che colpì (ma finì in un'assoluzione) il famoso giudice "ammazza sentenze" Corrado Carnevale. Quello che ha portato alla sbarra tanti politici nelle zone di mafia, camorra, 'ndrangheta. Un reato che in realtà non esiste, perché nel codice penale non c'è, ma che "vive" per le pronunce convergenti della Cassazione. Quindi un delitto assodato, consolidato, fermo nella storia del diritto.

Ma quel crimine adesso si avvia ad avere una macchia. Potrebbe essere utilizzato dalla procure di Caltanissetta, Palermo e Firenze per indagare il presidente del Consiglio. E questo è davvero troppo. Quindi i consiglieri giuridici del premier si stanno muovendo in anticipo per terremotarlo. Ragionano tra di loro, giusto in queste ore, su dove sia meglio aggredirlo, se incidere sui termini della prescrizione, oppure se "normare" ex novo il delitto, ma con paletti tali da renderne l'applicazione difficilissima.
È l'operazione più a rischio che abbiano mai tentato. Ma è quella che "davvero serve al presidente", come vanno dicendo tra loro. Che scatenerà un nuovo e duro conflitto con i magistrati. Ma con una possibile imputazione per mafia è una battaglia che vale la pena giocare. Assieme, e stavolta con il pieno appoggio di Fini, i piediellini si stanno per buttare nell'avventura dell'immunità parlamentare, del pieno ritorno all'articolo 68, come lo scrissero nel '48 i padri costituenti. È di ieri, alla Camera, la nuova proposta dell'ex presidente della Provincia di Roma Silvano Moffa, un altro finiano che entra in scena. Nelle caselli di tutti i deputati ha depositato tre pagine, due di relazione e una di testo, che rimette in pista il vecchio articolo della Carta. A ieri sera aveva già raccolto quasi 150 adesioni tra quelli del suo partito. La proposta numero 2954 ha preso il via. Prima di depositarla Moffa ha chiesto, come rivela lui stesso, "il via libera di Fini". Che glielo ha dato. Dimostrando un'apertura verso il Cavaliere e le sue difficoltà con la giustizia.

A questo si lavora dietro le quinte. Sulla scena invece resta il processo breve a cui ormai bisogna mettere la pezza giusta, "almeno per fargli passare la firma del capo dello Stato", come dicevano ieri sera alla consulta pdl. Per questo il Guardasigilli Angelino Alfano continua a svenarsi per negare i dati negativi dell'impatto e ad affermare la razionalità della legge che "è buona anche se serve in due casi a Berlusconi". I tecnici, ancora stasera e sempre alla consulta, cercheranno di rappezzarla per tagliare via le incostituzionalità più clamorose come l'anomala lista dei reati e la regola sull'entrata in vigore. Più reati inclusi, valida per tutti i processi. Ma l'impatto schizzerà ancora più in alto rispetto ai dati forniti dal Csm e, proprio per questo, Napolitano potrebbe bloccarla.

Tratto da: La Repubblica

Concorso esterno associazione mafiosa: chiesto rinvio giudizio Cuffaro

25 novembre 2009
Palermo.
La Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per il sentaore Udc Salvatore Cuffaro, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.




La richiesta, arrivata al gup Vittorio Anania, e' firmata dal pm antimafia Antonino Di Matteo e dal procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo. Nel provvedimento, come scrive il 'Giornale di Sicilia', i pm utilizzano molti degli elementi del processo sulle 'talpe' nel quale, in primo grado, l'ex presidente della Regione Siciliana era stato condannato a cinque anni di reclusione. Secondo l'accusa, rispetto al dibattimento delle 'talpe' ci sarebbero fatti nuovi. Al senatore viene contestato dai pm ''di avere rafforzato in maniera sistematica e continuativa l'associazione mafiosa''.

ADNKRONOS

Cafasso, si ipotizza l'omicidio. Brenda, le ombre gia' in Brasile

...all’ex presidente della Regione Lazio Marrazzo. Ormai è evidente che si è riaperta anche l’inchiesta, forse accantonata dagli inquirenti con troppa fretta, sul pusher Gianguerino Cafasso morto di overdose circa due mesi fa, la stessa persona che avrebbe realizzato il filmato del ricatto a Marrazzo. La Procura avrebbe acquisito, infatti, gli esami tossicologici e gli altri dati relativi al decesso avvenuto in una stanza di un albergo della Capitale. Una dose di eroina pura sarebbe la causa del decesso, un vero azzardo per un uomo “esperto” di quella sostanza, visto che la spacciava da anni. Anzi, quanto emergerebbe dai risultati ufficiosi del supplemento di perizia tossicologica disposta dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo per far luce sulla morte del pusher, dimostrerebbe infatti che solo in caso di suicidio o di omicidio la presenza di eroina, e pura per giunta, sarebbe comprensibile. Per un cocainomane come Cafasso, infatti, l’eroina pura è letale. Inoltre, nel caso specifico, la sostanza stupefacente ritrovata nel sangue di Cafasso sarebbe stata “mascherata”, ossia resa simile alla cocaina con sostanze volte a nascondere l’odore e il sapore dell’eroina. Ma è sempre sul fronte della storia di Brenda e delle sue frequentazioni “extraprofessionali” che gli interrogativi sembrano moltiplicarsi. Una delle tante ipotesi vede la transessuale già informatrice, in questo caso della polizia federale brasiliana, ancor prima del suo arrivo in Italia. Il mondo transessuale brasiliano, spesso obiettivo di un vero e proprio traffico di esseri umani dall’America Latina all’Europa, da alcuni anni è al centro di ampie inchieste da quella che potremmo definire la Fbi di Brasilia. In particolare, il traffico di esseri umani (trans e giovanissime donne spesso minori) è diretto in tre aree: Germania, Svizzera (e, attraverso il Canton Ticino, la Lombardia) e Roma. Secondo alcuni, proprio in relazione a questi viaggi dal Brasile in Europa, la polizia brasiliana si sarebbe avvalsa delle informative di Brenda e di altre sue colleghe. Tornando alle indagini, il mistero del computer scomparso e poi riapparso sul luogo del delitto in un lavandino e del telefonino scomparso sembra essere inserito in un possibile tentativo di depistare gli inquirenti. Come molte delle dichiarazioni degli ultimi giorni fatte da conoscenti di Brenda ai media, spesso, a quanto risulta, con l’obiettivo di ottenere qualche compenso, non stanno certo contribuendo positivamente alle indagini. C’è anche un altro aspetto che lascia perplessi. Quello di come sia stato possibile che un gruppo di carabinieri (e si teme che siano più di quattro), taglieggiasse trans e prostitute, spesso usando metodi violenti, si rendesse complice di spaccio, presidiasse la zona per cercare qualche “preda eccellente” da far cadere nella rete del ricatto e nessuno se ne rendesse conto o segnalasse qualche anomalia. Non solo da parte dell’Arma, che – comunque va dato atto – ha avviato le indagini seppure tardivamente (testimoni raccontano come questo tipo di “affari” andasse avanti da anni) per mettere le mani sui quattro servitori dello Stato infedeli, ma anche da parte della polizia che operava anch’essa su quel territorio. Possibile che nessuno notasse quello che stava accadendo?

Tratto da: orsatti.info

martedì 24 novembre 2009

Creduto in coma per 23 anni "Capivo e cercavo di urlare"

LONDRA - Per ventitré anni è stato considerato in coma, in realtà era vigile: ma Ron Houben, rimasto paralizzato in un incidente stradale quando aveva 23 anni, non riusciva a dire che capiva ogni cosa di quel che gli accadeva attorno. "Sognavo di alzarmi", ha raccontato Houben, oggi 46enne e in grado di comunicare grazie a un pc e ad una particolare testiera che gli consente di rapportarsi al mondo esterno. Secondo i medici era in un persistente stato vegetativo. "Urlavo ma non riuscivo a sentire la mia voce", è la sua testimonianza.

Dopo l'incidente, i medici di Zolder, in Belgio, utilizzarono i test in uso nella comunità scientifica prima di concludere che la sua coscienza era "estinta". Ma tre anni fa, nuovi scanner ultra-sofisticati hanno dimostrato che il suo cervello ancora funziona normalmente. Houben, la cui inquietante vicenda è stata raccontata dalla stampa britannica, ha descritto quel momento come la sua "seconda nascita". Il suo caso è venuta alla luce perché il neurologo che lo ha "salvato", Steven Laureys, l'ha raccontato in un articolo di una rivista scientifica. "Per tutto quel tempo ho letteralmente sognato una vita migliore.

"Frustrazione" è un termine troppo limitativo per descrivere quel che sentivo". Secondo Laureys, potrebbero esserci altri casi simili nel mondo; e la vicenda è destinata a risollevare il dibattito sul diritto a morire di chi è in coma. I medici a Zolder utilizzarono la Scala di Glascow, la stessa utilizzata internazionalmente, che valuta vista, parola e risposte motorie. Ma solo quando il caso fu riesaminato dai medici dell'Università di Liegi si scoprì che l'uomo aveva perso il controllo del corpo, ma era ancora perfettamente consapevole di quel che accadesse. "Voglio leggere - spiega adesso - dialogare con i miei amici, godermi la vita ora che la gente sa che non sono morto".

Secondo gli studi di Laureys, i pazienti in stato vegetativo spesso sono vittime di diagnosi sbagliate. "Chi viene bollato come "in stato incosciente" difficilmente riesce a sbarazzarsi di questo marchio. Solo in Germania", racconta il neurolgo dell'Università di Liegi, "ogni anno circa 100.000 persone soffrono di lesioni cerebrali traumatiche gravi. E tra le 3.000 e le 5.000 persone all'anno rimangono intrappolate in uno stadio intermedio, vivono senza mai tornare indietro.

24 NOVEMBRE 1991: MUORE UN MITO. OMAGGIO AD UN GRANDE CHE HA FATTO LA STORIA DELLA MUSICA


PRESIDENTE, RITIRI QUELLA NORMA DEL PRIVILEGIO

SIGNOR Presidente del Consiglio, io non rappresento altro che me stesso, la mia parola, il mio mestiere di scrittore. Sono un cittadino. Le chiedo: ritiri la legge sul "processo breve" e lo faccia in nome della salvaguardia del diritto. Il rischio è che il diritto in Italia possa distruggersi, diventando uno strumento solo per i potenti, a partire da lei.

Con il "processo breve" saranno prescritti di fatto reati gravissimi e in particolare quelli dei colletti bianchi. Il sogno di una giustizia veloce è condiviso da tutti. Ma l'unico modo per accorciare i tempi è mettere i giudici, i consulenti, i tribunali nelle condizioni di velocizzare tutto. Non fermare i processi e cancellare così anche la speranza di chi da anni attende giustizia.

Ritiri la legge sul processo breve. Non è una questione di destra o sinistra. Non è una questione politica. Non è una questione ideologica. È una questione di diritto. Non permetta che questa legge definisca una volta per sempre privilegio il diritto in Italia, non permetta che i processi diventino una macchina vuota dove si afferma il potere mentre chi non ha altro che il diritto per difendersi non avrà più speranze di giustizia.

ROBERTO SAVIANO

La Repubblica.it

SPAGNA: OLTRE 20 MILA BAMBINI SI PROSTITUISCONO

Lo sfruttamento sessuale di minori non è un fenomeno esclusivo dei paesi del Terzo mondo e in via di sviluppo. Secondo l’associazione Ambar-Cpi, specializzata nella lotta contro questo crimine, in Spagna, circa 20 mila bambini si prostituiscono.

La maggior parte proviene da paesi dell’Est, dall’Africa e dall’America Latina. Sono immigrati in situazione irregolare, catturati dalle mafie della prostituzione. Ma lo sfruttamento riguarda anche bambini spagnoli. Normalmente provengono da famiglie destrutturate e cercano denaro facile, spiega il presidente dellorganizzazione, Ivan Gilberto Ruiz. Secondo la associazione la situazione è peggiorata con l’aggravarsi della crisi economica.

http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-europa/sesso-pedofilia-spagna-bambini-si-prostituiscono-157784/ (R)

LO STATO CHE SI ARRENDE

di Pietro Nardiello -

Mentre la popolazione campana si mobilita in difesa del riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati, la politica mostra tutto il suo disinteresse al tema, presentando come attivi alcuni patrimoni inutilizzati da dieci anni.
Nel fine settimana appena trascorso cittadini e istituzioni della Regione Campania sono scesi in piazza per rivendicare il buon uso sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Non si è trattata di un’azione coordinata ma, semplicemente, di un sentire comune e di una convinzione di tante persone che credono che la lotta alla camorra ed il riscatto dei propri territori possa e debba avvenire anche in questo modo. A Quarto, il sindaco Sauro Secone insieme a tanti giovani, alle scuole e alle parrocchie ha chiesto la realizzazione di una piscina nella struttura che un tempo i Nuvoletta di Marano utilizzavano per produrre cemento; a Ercolano i ragazzi di Radio Siani, collocata all’interno di un appartamento del clan Birra, insieme con il sindaco Daniele, hanno voluto sensibilizzare le persone ad un impegno maggiore contro la camorra ma anche a far conoscere la propria precarietà visto che la radio rischia la chiusura per mancanza di fondi già promessi dalla Regione.

A Castel Volturno, infine, dove nascerà la prima cooperativa in Campania con il marchio “Libera Terra” e che produrrà mozzarella, i futuri operatori lamentano l’assenza proprio delle istituzioni comunali che non sbloccano un finanziamento di cinquantamila euro per avviare ulteriori lavori di ristrutturazione della fattoria che appartenne al re del contrabbando Michele Zaza e per la quale, inutilmente, sono già stati spesi un bel po’ di soldi. I cittadini, insomma, credono in questo percorso virtuoso mentre una fetta delle istituzioni per incapacità, paura o collusioni sembrano impedire l’avvio di questo processo. L’oramai noto emendamento inserito nella finanziaria, e approvato al Senato, che prevede la vendita all’asta dei beni che non si riescono ad affidare entro tre o sei mesi, non potrebbe fare altro che aiutare la cattiva politica e le mafie che, disponendo di una quantità di denaro enorme, potrebbero rientrare, grazie a dei prestanome, in possesso di quello che lo Stato con grande fatica ed impegno gli ha sottratto.

La sconfitta sociale che questo Paese dovrebbe incassare sarebbe di dimensioni enormi, visto che il tempo che in media di solito passa per l’assegnazione di un bene supera di gran lunga i tre anni. E poi nessun privato oserebbe mai ricomprare una casa o un’azienda che un tempo era di proprietà di un boss proprio come nel caso dell’azienda bufalina di Grazzanise, nel casertano, che fu di Francesco Schiavone e sulla quale grava un’ipoteca, che il comune inspiegabilmente non vuole assegnare, nonostante sia in condizioni ottimali per riprendere l’attività produttiva. L’elevato rischio che i clan ritornino in possesso dei beni non rappresenta, comunque, un inutile allarmismo, in Campania, infatti, si sono registrati già due importanti casi di un’associazione ed un consorzio, l’Acli Terra ed il Consorzio Agape, risultate vicine o contigue ai clan camorristici che gestivano beni confiscati. In Italia, gli immobili confiscati sono 8446.

Poco meno della metà risultano destinati ai comuni o allo Stato per motivi di giustizia. Il resto, invece, è ancora gestito dall’agenzia del demanio. Le aziende, invece, sono poco più di un migliaio, ma nonostante siano state destinate più di 900, solo alcune realtà risultano essere ritornate sul mercato. Questo governo mostra un’assoluta assenza di conoscenza delle realtà teritoriali. Sul sito ufficiale, infatti, proprio dove si parla del progetto sostenuto dal ministro Maria Stella Gelmini, “Più scuola meno mafia”, alcuni beni confiscati assegnati a un consorzio di comuni della provincia di Caserta, Agrorinasce, risultano già attivi; in realtà tranne la casa “Don Diana” di Casal di Principe, gli altri tre beni, la villa Reccia, la villa Basco e la famosa villa “Scarface”, appartenuta quest’ultima a Walter Schiavone fratello di Francesco alias Sandokan risultano ancora inutilizzate da più di dieci anni.

Tratto da: http://www.terranews.it/news/2009/11/lo-stato-che-si-arrende ( T )

PROCESSO BREVE - GRASSO:"MAI SENTITO CHE SI PRESCRIVANO PROCESSI"

ROMA - Dure le parole del procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso sul ddl sul processo breve: "E' assolutamente innovativo il discorso della prescrizione di un processo: di solito, negli altri sistemi giuridici e negli altri paesi si prescrivono i reati". In commissione Giustizia al Senato Grasso ha criticato a tutto campo ogni singolo articolo della legge e ha depositato una sua proposta con 13 emendamenti al ddl.


Elementari, dal 2010 stop ai libri gratis

Il Governo ha soppresso con la Finanziaria lo stanziamento di 103 milioni di euro per la fornitura gratuita dei libri di testo nella scuola dell'obbligo, «l'ultimo scippo del Governo alle famiglie, alla scuola e agli enti locali». Lo rende noto Manuela Ghizzoni, capogruppo del Pd in commissione Cultura alla Camera, chiedendo l'immediato intervento del ministro Gelmini.

«Il ministro Gelmini intervenga immediatamente per porre rimedio a questo ennesimo scippo. La gratuità dei libri nella scuola elementare - ricorda la parlamentare - è prevista per legge dal 1964. Dal 1998 e con le successive leggi finanziarie, fino a quella del 2007 del governo Prodi, la gratuità è stata estesa alle scuole secondarie in forme legate al reddito. Di segno opposto la politica del governo Berlusconi che ha completamente cancellato queste risorse".

Pm Spataro: ''Ddl processo breve inutile''. E il Pdl lo attacca ingiustamente

di Aaron Pettinari - 23 novembre 2009

Roma.
E' un momento molto delicato questo per la giustizia in Italia. Dopo la bocciatura del lodo Alfano la maggioranza, su mandato diretto del premier Berlusconi, è in fibrillazione per far passare l'ennesimo emendamento “ad personam”.



Il ddl impropriamente chiamato del ''processo breve'' comincerà così il proprio iter in Commissione al Senato. 
Magistrati, associazioni, giornalisti e alcuni politici in questi giorni sono intervenuti per spiegare l'assurdità di una legge che rischia, se entrerà in vigore, di cancellare processi importanti (crac Parmalat, aggiotaggio Antonveneta, truffa rifiuti a Napoli, clinica S.Rita ecc... per dirne alcuni oltre ai processi del premier, Mills, Mediaset e Mediatrade) aumentando il rischio d'impunità. 
Ieri, intervenuto su Raitre, il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro ha detto: “Il ministro Alfano dice che solo l’1% dei processi sarà soggetto all’abbattimento? Vuole forse dire che il 99% dei processi funziona bene? Se è così allora la legge non serve, e il ministro non si è accorto di essere incorso in un pericoloso boomerang». E poi ha aggiunto: «Nella parte in cui prevede di sganciare il pm dalla polizia giudiziaria sembra ispirato da logica aziendale, nella relazione si legge che i compiti vanno distinti per 'creare i presupposti di una maggiore concorrenza e controllo reciproci'. Certe volte mi chiedo chi abbia mai scritto questa frase, spero non un magistrato». 
Quindi è intervenuto su possibili nuovi lodi o “mini-lodi” (come quello proposto da Casini sul legittimo impedimento): “Qualsiasi 'scudo' non è compatibile con il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Posso comprendere l’idealismo politico dell’onorevole Casini,ma la Corte Costituzionale l’ha già detto: non abbiamo bisogno di escamotage, basta con le riforme dettate da esigenze contingenti e dalla necessità di poche persone”. Immediata è stata la replica dei “colonnelli” del Pdl, Gasparri, Bondi e Cicchitto pronti, ancora una volta dopo quanto detto nei confronti del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, ad accusare Spataro di essere un magistrato-politico. 
Unico a difendere il magistrato è stato Antonio Di Pietro: "Accusare e criminalizzare persone come Spataro o Ingroia è un delitto di Stato, perché vuol dire non conoscere la storia personale di queste persone". "Quando la gente andava in giro ancora con i calzoni corti - ha proseguito - Spataro combatteva il terrorismo, Ingroia combatteva la mafia. Criminalizzarli soltanto perché dicono 'guardate che con le leggi che state facendo ci togliete ogni possibilita' di combattere la criminalità vuol dire essere favoreggiatori di criminali. Perché - ha aggiunto - solo dei criminali possono combattere la criminalità togliendo le armi a chi vi si oppone. E' come togliere il bisturi a un chirurgo. Non so - ha concluso Di Pietro - se a un certo punto chi attacca Spataro sia solo un delinquente o anche un cretino".




Al pm Armando Spataro va tutta la solidarietà ed il sostegno da parte della redazione di ANTIMAFIADuemila dopo gli ignobili attacchi politici subiti.

Il premier nervoso minaccia «Parlerò io agli italiani»


«Nulla di meno che quieto - assicura Berlusconi - niente di preoccupante». Governo sotto controllo, quindi? Non proprio. Rientrato a Roma dall’Arabia e dal Qatar il premier dovrà fare i conti con il malessere che monta tra i ministri e con l’iter del «processo breve» che dovrebbe bloccare i suoi processi milanesi. Ad innervosirlo, ieri mattina, l’intervista di Ciampi alla Repubblica e l’invito dell’ex Capo dello Stato: «non si promulghino» nuove leggi ad personam. Una presa di posizione che i consueti sospetti del Cavaliere non possono non collegare ad uno stop indiretto del Colle. Da Doha, in ogni caso, ieri è partito l’avvertimento e l’implicita risposta a Ciampi. Con Berlusconi che si rifiutava di rispondere alle domande sulla giustizia, ma annunciava che «al momento opportuno» avrebbe spiegato agli italiani «qual è la situazione in cui siamo». Un “mi rivolgerò al popolo contro chi si mette di traverso” abbastanza esplicito, in sostanza. Che, pronunciato ieri, gettava nuova luce sulle indiscrezioni già rimbalzate sulla stampa a proposito di messaggi sulla giustizia. L’intenzione del Cavaliere è quella di affrontare i temi della giustizia rivolgendosi al Paese, dall’Aula del Senato o via Tv. Gli esperti Pdl, tra l’altro, lavorano a una manovra articolata. «Stiamo cercando di portare avanti una riforma complessiva - ha spiegato ieri il senatore Quagliariello - Riguarderà, tra l’altro, il processo penale, i metodi di elezione del Csm, i tempi dei processi e proposte di rango costituzionale». L’iter parlamentare del «processo breve», che interessa al premier in relazione ai procedimenti milanesi, quindi, è solo un aspetto del problema. Berlusconi vuole, in realtà, una resa dei conti definitiva con le procure, qualcosa che chiarisca - a modo suo, naturalmente - i rapporti politica-magistratura. Il Cavaliere scommetterà «la faccia» su questo progetto. «O io o Brunetta» Berlusconi, però, rientrato in Italia in serata dal suo tour in Arabia, ha trovato ad attenderlo anche gli strascichi del caso Brunetta. Ieri, da Doha, aveva cercato di retrocedere «l’esternazione» anti-Tremonti del titolare della Pubblica Amministrazione al rango di normale «dialettica» tra ministri che, tuttavia, «sarebbe meglio» mantenere «interna» al governo. Berlusconi, in realtà, è irritatissimo. In visita di Stato lontano dall’Italia, infatti, è stato costretto a fare i conti con le polemiche che avrebbe preferito «lasciare a Roma» e con i fuochi d’artificio provocati dall’intervista del suo ministro. Tremonti avrebbe chiesto anche il dimissionamento di Brunetta. Una sorta di «o io o lui» caricato come ultimatum sulle spalle dell’inquilino di Palazzo Chigi. E la contesa ha portato l’opposizione a sostenere che nella maggioranza siamo «al tutti contro tutti». «La maggioranza è bloccata e non riesce nemmeno ad implodere», commenta il Pd, Enrico Letta. All’opposizione «non rispondo mai» taglia corto il premier. Domenica, attraverso Bonaiuti, aveva difeso Tremonti prendendo, come ieri, le distanze da Brunetta. Nelle stesse ore, però, alcuni ministri hanno ripetuto - nella sostanza - i concetti esposti - a modo suo - dal ministro per la Pubblica Amministrazione, mettendo il dito nella piaga della politica della cinghia stretta imposta da Tremonti. «In Finanziaria chiederò più fondi per la giustizia», prometteva Alfano. Serve «una svolta» - faceva eco Scajola - bisogna «decidere collegialmente».
24 novembre 2009

L’Italia è un paese fondato sul ricatto e sui misteri.

Forse dobbiamo rassegnarci… o forse no.
Una cosa è certa questo è stato, è e rimarrà il paese dei misteri.
A volte semi risolti ma il più delle volte lasciati a marcire nell’ombra.

Già perchè quello che è successo a Brenda o Brendona sta per diventare uno dei tanti misteri. Casa bruciata, una morte carbonizzata, una bocca chiusa e un computer buttato nell’acqua.

La procura sta indagando… ma le voci che stanno già uscendo e stanno cercando di insinuare sono “si è suicidata”… “fumava spesso si sarà dimenticata una sigaretta da qualche parte”…”si drogava”… come no e magari mentre era addormentata o strafatta si è alzata ha preso il suo computer e in un gesto di stizza ha buttato il pc nell’acqua. Beh voglio dire in un paese dove gli anarchici si suicidano prendendo la rincorsa e buttandosi giù dalla finestra durante un interrogatorio può succedere… in un paese dove un ragazzo che denuncia la mafia viene fatto passare per un suicida al tritolo… e via di seguito.

I fatti di via Gradoli non sono da sottovalutare, quello che è successo può far pensare ad altri politici immischiati che magari potrebbero essere sotto ricatto, e un politico sotto ricatto… beh… Non sono da sottovalutare e da non sono da archiviare come “suicidio” perché è chiaro che qualcuno non ha gradito le parole di Brenda e compagne, la denuncia di forze dell’ordine molto molto deviate. Il messaggio è chiaro chi parla finisce così.

Pensiamo un attimo al computer. Perché buttato nell’acqua e non portato via e scaraventato in qualche altro luogo o bruciato magari da un’altra parte? Portebbe essere un avvertimento del tipo “guardate che abbiamo visto i nomi e il materiale nel Pc e ne abbiamo delle copie… regolatevi di conseguenza!”.
Dalla Repubblica delle banane a quella dei ricatti.

LUCA PUGLISI

Cucchi, nuova autopsia

ROMA - Lesioni al cranio, alla mandibola e alla colonna vertebrale. "Lesioni non registrate nel verbale della prima autopsia", affermano gli avvocati della famiglia di Stefano Cucchi, il giovane che sarebbe stato pestato nei sotterranei del tribunale di Roma ed è morto al reparto penitenziario dell'ospedale Pertini il 22 ottobre scorso. Stavolta, dopo la riesumazione della salma, con la seconda autopsia, le ossa rotte sono state "trovate".

I legali Dario Piccioni e Fabio Anselmo insistono sul fatto che le lesioni al cranio e alla mandibola "non erano state notate" nel precedente esame. Confermate, invece, le fratture alla colonna vertebrale ed alle mani. Sono stati prelevati campioni dal corpo per altre indagini e soprattutto per valutare quei segni che sembrano bruciature di sigaretta. Dunque il corpo di Stefano non verrà riconsegnato alla famiglia prima della prossima settimana.

Gli esami medico-legali supplementari sono stati svolti da un pool di esperti all'istituto di medicina legale de La Sapienza. Come perito della commissione parlamentare d'inchiesta ha partecipato anche il professor Vincenzo Pascali, del policlinico Gemelli.

I nuovi accertamenti, che si dovrebbero concludere entro la fine della settimana, saranno svolti sotto l'occhio vigile dei consulenti dei sei indagati: tre agenti di polizia penitenziaria, accusati di omicidio preterintenzionale, e tre medici del Pertini, indagati per omicidio colposo. Un esame del Dna è stato fatto sulle macchie di sangue trovate sui jeans indossati da Cucchi.

Dopo quello col supertestimone africano, sabato prossimo un nuovo incidente probatorio per trasformare in prova la testimonianza di un detenuto albanese, che dice di aver sentito "un italiano lamentarsi e piangere".

lunedì 23 novembre 2009

consigli per migliorare il blog??

Appello sulla giustizia: "Ecco perché non possiamo tacere"

Saviano scrive al Ministro Sandro Bondi

Caro ministro Sandro Bondi, la ringrazio per la sua lettera e per l'attenzione data al mio lavoro: ho apprezzato il suo tono rispettoso e dialogante non scontato di questi tempi e quindi con lo stesso tono e attitudine al dialogo le voglio rispondere. Come credo sappia, ho spesso ribadito che certe questioni non possono né devono essere considerate appannaggio di una parte politica. Ho anche sempre inteso la mia battaglia come qualcosa di diverso da una certa idea di militanza che si riconosce integralmente in uno schieramento.

Ho sempre creduto che debbano appartenere a tutti i principi che anche lei nomina - la libertà, la giustizia, la dignità dell'uomo e io aggiungo anche il diritto alla felicità in qualsiasi tipo di società si trovi a vivere. E per questo ho sempre odiato la prevaricazione del potere, che esso assuma la forma di un sistema totalitario di qualsiasi colore, o, come ho potuto sperimentare sin da adolescente, sotto la forma del sistema camorristico.

Anch'io auspico che in Italia possa tornare un clima più civile e ho più volte teso la mano oltre gli steccati politici perché sono convinto che una divisione da contrada per cui reciprocamente ci si denigra e delegittima a blocchi, sia qualcosa che faccia male.
Eppure oggi il clima in questo paese è di tensione perché ognuno sa che, a seconda della posizione che intende assumere nei confronti del governo, potrà vedere la propria vita diffamata, potrà vedere ogni tipo di denigrazione avvenire nei confronti dei propri cari, potrà vedere ostacolate le proprie possibilità lavorative.

Qualche giorno fa la Germania mi ha onorato del premio Scholl, alla memoria dei due studenti dell'organizzazione cristiana Rosa Bianca, fratello e sorella, giustiziati dai nazisti con la decapitazione per la loro opposizione pacifica, per aver solo scritto dei volantini e aver invitato i tedeschi a non farsi imbavagliare.

Tutte le persone che ho incontrato lì alla premiazione, all'Università di Monaco, erano preoccupate per quanto accade oggi in Italia nel campo della libertà di stampa e del diritto. Non era un premio di pericolosi sovversivi o di chissà quali cospiratori anti-italiani. Tutt'altro. Raccoglieva cristiani tedeschi bavaresi che commemorano i loro martiri. Tutti seriamente preoccupati quello che sta accadendo in Italia e tutti pronti a chiedermi come faccio a tenere alla libertà d'espressione eppure a continuare a lavorare in Italia.
Non è un buon segnale e, in quanto scrittore non posso che raccogliere l'imbarazzo di essere accolto come una sorta di intellettuale di un paese dove la libertà d'espressione subisce un'eccezione. Il programma da lei apprezzato ha mostrato, in prima serata, il terrore causato dal regime comunista russo, e persecuzioni castriste agli scrittori cubani e l'inferno nell'Iran di Ahmedinejad.

Tutto andato in onda in una trasmissione come "Che tempo che fa", su una rete come RaiTre, così spesso tacciata di essere faziosa, ideologizzata, asservita alla sinistra che persino un boss come Sandokan si compiaceva di chiamarla "Telekabul". Questo a dimostrare, Ministro, quanto siano spesso pretestuose e false le accuse che vengono fatte contro chi invece si prefigge il compito di raccontare per bisogno - o dovere - di verità.

Però sono altrettanto convinto che a volte, proprio per semplice senso civile, non si possa stare zitti. Che bisogna prendere posizione al costo di schierarsi. E schierarsi non significa ideologicamente. La paura che questa legge possa colpire il paese sia per i suoi effetti pratici, sia per l'ingiustizia che ratifica, in me è assolutamente reale e per niente pretestuosa.
In questi anni, ossia da quando vivo sotto scorta, ho avuto modo di poter approfondire cosa significhi, tradotto nel funzionamento di uno stato democratico, il concetto di giustizia. Ho potuto capire che non tocca solo la difesa della legalità, ma che ciò che più lo sostiene e lo rende funzionante è la salvaguardia del diritto e dello stato di diritto.

Ho deciso di pubblicare quell'appello perché la legge sul processo breve mi pare un attacco pesante - non il primo, ma quello che ritengo essere finora il più incisivo - ai danni di un bene fondamentale per tutti i cittadini italiani, di destra o di sinistra, come ho scritto e come credo veramente. E le assicuro che lo rifarei domani, senza timore di essere ascritto a una parte e di poterne pagare le conseguenze.
Non vi è nulla in quel gesto che non corrisponda a ogni altra cosa che ho fatto o detto. Le mie posizioni sono queste e del resto non potrei comportarmi diversamente. Ciò che mi spinge a raccontare, in prima serata, dei truci omicidi di due giovani donne, la cui colpa era stata unicamente l'aver manifestato in piazza, in maniera pacifica.

Ciò che mi spinge a raccontare dei crimini del comunismo in Russia e dei soprusi delle multinazionali in Africa non è un "farsi impadronire dal demone della politicizzazione e della partitizzazione della cultura" bensì un altro demone. Quello che ha lo scopo di raccontare le verità o almeno provarci. Un'informazione scomoda per chi la da e per chi l'ascolta, la osserva, la legge. In Italia la deriva che lo stato di diritto sta prendendo è pericolosa perché ha tutte le caratteristiche dell'irreversibilità. È per questo che agisco in questo modo, perché è l'unico modo che conosco per essere scrittore, è questo l'unico modo che conosco di essere uomo.
La saluto con cordialità

© 2009 Roberto Saviano. Published by arrangement with Roberto Santachiara Literary Agency

Taglio agli insegnanti di sostegno "Torna la classe differenziale"

ROMA - Ogni ora tagliata è un salto all'indietro. Ogni insegnante che se ne va un trauma psicologico difficile da ricostruire. Come una barriera architettonica che non si riesce mai ad abbattere, perché per loro, i bambini e i ragazzi H (così la scuola ancora li definisce) la vita in Italia si è fatta davvero dura. Si chiamano Valerio, Giulia, Martina, Claudia, Adele, hanno dai 4 ai 18 anni, hanno disabilità diverse, e abitano in ogni luogo d'Italia. Da quest'anno, con i tagli della riforma Gelmini, hanno perso la metà dei loro diritti: ore di sostegno dimezzate, assistenza inesistente, accesso allo studio, di fatto, negato. Parliamo di studenti disabili, vittime del taglio degli insegnanti di sostegno, la faccia più oscura e dolorosa della scuola senza più fondi, dove spesso non c'è più nessuno che accompagni al bagno il piccolo con handicap, nessuno che lo sorvegli, e dove anche 5 o 6 alunni disabili vengono concentrati in un sola classe. Dove, denuncia Alessandra Corradi, una mamma di Verona con un bimbo di 4 anni, cieco e con una grave tetraparesi, "sono tornati gli stanzini H". "Spesso mio figlio, con la scusa di proteggerlo dalla confusione, veniva portato in una classe a parte, lui da solo, senza gli altri bambini... Vi sembra integrazione questa?".

I dati dell'anno 2009/2010 segnalano un taglio di circa 500 insegnanti di sostegno con un aumento però di oltre 4000 ragazzi disabili. Questo vuol dire, spiega Giuseppe Argiolas, docente all'Istituto "Colli Vignarelli" di Sanluri, in Sardegna, "che la maggioranza dei ragazzi e dei bambini disabili che ieri avevano diritto a 18 ore di sostegno alla settimana, oggi arriva a malapena a nove". Con conseguenze spesso gravissime per le vite di studenti, che con enormi sforzi e pazienza conquistano pezzetti di autonomia e abilità. "Anche in questo istituto, da sempre all'avanguardia nell'integrazione e nel processo formativo dei giovani con disabilità, oggi c'è una prima superiore con addirittura sei ragazzi con seri handicap riuniti tutti insieme, mentre per il buon andamento della classe, per il successo sia loro che dei ragazzi normodotati non dovrebbero essere più di due. Ma qual è il disegno? Tornare alle classi differenziali?". Il risultato è una pioggia di ricorsi che si è abbattuta sui tribunali regionali di tutta Italia, da parte di famiglie che chiedono, e spesso ottengono, che per i loro figli, vengano ripristinate le ore di lezione legittime.

Una battaglia di raccomandate e carte bollate, come quella che ha intrapreso Marisa Melis, mamma di Martina, che ha 14 anni, una grave malformazione cerebrale, ma una fantastica voglia di vivere e di imparare. Grazie agli sforzi fin qui fatti dalla famiglia e dagli insegnanti Martina fa equitazione, è cintura marrone di karate, partecipa ai campi Scout, legge e scrive bene, ma ha bisogno di continuo appoggio e di percorsi personalizzati. "Invece da quest'anno Martina ha il sostegno soltanto per nove ore alla settimana, contro le 18 dell'anno scorso. Ho protestato con la dirigente, con il ministero, ma non ho ottenuto niente. Se Martina non viene stimolata, seguita, ogni volta si torna indietro, ogni successo di questi bambini è figlio di sforzi enormi... Così ho deciso di fare ricorso al Tar e in questi giorni arriverà la sentenza".

Storie di sfide quotidiane, vissute in silenzio, l'Italia è uno dei paesi d'Europa che destina meno risorse alla cura e allo sviluppo delle persone con handicap. Giulia Dolcetti ha 45 anni, è un'insegnante di sostegno precaria che quest'anno ha perso il posto. "Ma la vittima di questo taglio - racconta Giulia - non sono soltanto io, ma anche un bambino di 9 anni che si chiama Pietro. La sua diagnosi? Grave disturbo pervasivo dello sviluppo. Autismo. Pietro non parla, ma capisce tutto, comunica con il computer, scia e nuota come un campione. L'ho seguito per tre anni, avevamo un rapporto forte e bellissimo: oggi Pietro a scuola non ci vuole più andare. A novembre non gli è stata ancora assegnata un'insegnante di sostegno, e senza di me sembra aver perso il suo legame sia con i compagni che con lo studio... Ma che Stato è questo che punisce i più deboli?".

La guerra dei ricorsi è soltanto all'inizio. E se in Sardegna una mamma passa tutta la sua giornata davanti alla scuola del figlio, affetto da autismo per "tradurre" ai prof che cosa vuol dire il ragazzo, Alessandra Corradi, mamma di un piccolo tetraplegico, spiega in poche parole cosa vuol dire disinteresse. "A mio figlio, cieco fin dalla nascita, le maestre in classe chiedevano: "La vedi quella cosa lì?". La stessa insegnate di sostegno ha confessato che per lei il mio bambino era troppo grave... Per fortuna il Comune ci ha assegnato una "lettrice", che con la musicoterapia e l'ascolto delle fiabe stimola il suo udito e le sue abilità. E quando c'è lei mio figlio cambia, sorride, non è più triste".
(ha collaborato Salvo Intravaia)
(18 novembre 2009)

"No B day", quasi 250mila adesioni in piazza la protesta nata sul web

ROMA - Quasi duecentocinquantamila adesioni raccolte su internet in un mese. Nasce così il "No B day", la manifestazione nazionale "per chiedere le dimissioni di Berlusconi". Ideata da un gruppo di blogger, incubata nella Rete, alimentata su Facebook, la protesta nasce come reazione agli attacchi del premier seguiti alla sentenza sul Lodo Alfano. Dal 9 ottobre 2009, Silvio Berlusconi critica il Quirinale, attacca i giudici della Corte Costituzionale, accusandoli di essere "comunisti", si definisce "l'uomo più perseguitato della storia", litiga in tv con Rosy Bindi dicendole che è "più bella che intelligente" provocando una rivolta delle donne. A un passo dallo scontro istituzionale, mentre fuori e dentro il Parlamento infuriano le polemiche, un gruppo di blogger decide di dar vita ai propri post.

Aprono un gruppo su Facebook e indicono una "manifestazione nazionale per chiedere le dimissioni di Berlusconi". Ad oggi, dopo un mese, hanno raccolto oltre 235mila adesioni. Una marea che si definisce "apartitica e pacifista" e che si è già data un appuntamento per scendere in piazza: il pomeriggio del 5 dicembre a Roma, in piazza della Repubblica. Si partirà con un corteo per arrivare fino a piazza del Popolo. Poi, in serata, un concerto in piazza San Giovanni, organizzato grazie all'aiuto dei 3mila artisti raccolti in un altro gruppo, "Artisti - No Berlusconi Day".

Su Facebook, infatti, il gruppo principale dei promotori è solo il centro di un network composto da circa 100 pagine. Ognuna di queste rappresenta un comitato cittadino per il "No B Day". Da Torino a Palermo, da Milano a Napoli. Con ramificazioni internazionali: Londra, Barcellona, Amsterdam, Dublino, Parigi, Vienna. E poi San Francisco, Montreal, Sacramento. Tutte città in cui saranno organizzate manifestazioni parallele. Una sorta di "Internazionale antiberlusconiana", raccolta intorno a una considerazione e a un appello finale: "A noi non interessa cosa accade se si dimette Berlusconi" e riteniamo che il "fair play di alcuni settori dell'opposizione, costituisca un atto di omissione di soccorso alla nostra democrazia. Berlusconi deve dimettersi e difendersi davanti ai tribunali".

In queste ore i "blogger democratici" sono alle prese con l'organizzazione dell'evento. Autobus da ogni parte d'Italia, striscioni e volantini, il corteo e il concerto. Con un occhio di riguardo per il luogo da cui tutto è partito, il web. Nel sito ufficiale del "No B Day" sono disponibili informazioni e materiali, oltre alla possibilità di contattare gli organizzatori per risolvere problemi logistici. C'è chi vuole i volantini, chi cerca un passaggio per Roma, chi si prenota per suonare in Piazza San Giovanni. Il colore viola farà da sfondo a tutte le iniziative. Perché "il viola non è solo il colore del lutto, ma anche quello dell'energia vitale, dell'autoaffermazione".

Per testare la capacità della macchina organizzativa, sono in corso in questi giorni "anteprime del "No B Day", in molte città italiane. E nelle ultime ore si sta mettendo a punto l'aspetto sicurezza, per "evitare infiltrazioni facinorose e violente". Insomma, sin dalle origini e dai preparativi quella del 5 dicembre si annuncia come la più grande iniziativa politica di protesta nata dalla base degli utenti del web.

Alla manifestazione hanno già aderito alcune forze politiche. Il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, ha confermato la sua presenza, così come il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero e il Partito dei comunisti italiani. Il Pd ha invece declinato l'invito a partecipare, per questo sul web molti iscritti al partito chiedono al neo segretario di cambiare idea: "Spero che Bersani accolga il nostro invito, saremo in tanti del Partito democratico a partecipare alla manifestazione".
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domenica 22 novembre 2009

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Federico Aldrovandi